
E’ l’epoca della Controriforma, caratterizzata da uno spirito religioso e sacrificale oltre ogni limite. Fustigazioni, cilici, estasi, visioni. E suor Crocifissa, la «Venerabile», c’è dentro in pieno. Ha perfino il dono dell’ubiquità, si dice. La sua esistenza è interamente dedicata a Dio, la totale aspirazione è diventare la «sposa di Dio», pur tra le incessanti tentazioni di Satana. E’ la santa del Seicento, citata nel Gattopardo
come la «Beata Corbera». Nelle pagine del romanzo, a proposito delle frequenti visite del Principe di Salina al monastero, tassativamente precluso agli uomini ma non a lui, discendente diretto della fondatrice, Tomasi di Lampedusa scrive: «Gli piaceva l’aspetto delle suore con la loro larga bavetta di candidissimo lino a piegoline minute, spiccante sulla ruvida tonaca nera; si edificava nel sentir raccontare per la ventesima volta dalla badessa gli ingenui miracoli della Beata, nel vedere com’essa gli additasse l’angolo del giardino malinconico dove la Santa monaca aveva sospeso nell’aria un grosso sasso che il Demonio, innervosito dalle di lei austerità, le aveva scagliato addosso».
Suor Maria Nazarena, la badessa di oggi, avvolta nell’identico abito monacale descritto dallo scrittore, non ha alcun dubbio sugli eventi inquietanti di cui si narra fosse intrisa la vita ascetica di suor Maria Crocifissa. Sono passati secoli, ma la memoria e i cimeli restano intatti tra le mura abitate dalle Benedettine. Il sasso scagliato dal demonio si trova in una teca della Chiesa del convento, davanti alla grata in ferro oltre la quale c’è l’urna della Venerabile.
Nella cella di suor Maria Crocifissa in un armadio-bacheca si trova la lettera, famosa e oscura, che il demonio le avrebbe scritto. Le monache del SS. Rosario sostengono di detenere l’originale, mentre la copia sarebbe custodita negli archivi della Curia di Agrigento. Dove, però dicono l’esatto contrario.
Suor Maria Nazarena aggiunge che nel convento c’erano le impronte lasciate dal demonio: «Sono state cancellate in seguito al rifacimento della pavimentazione».
Trecentoquarantuno anni dopo la sua stesura, la ‘Lettera del diavolo’ è stata tradotta. Era il 1676 quando suor Maria Crocifissa della Concezione, al secolo Isabella Tomasi (prozia dello scrittore Tomasi di Lampedusa, che poi citerà la missiva ne ‘Il gattopardo’), venne trovata seduta a terra nella sua cella «con mezza faccia sinistra imbrattata di nero inchiostro – secondo la Chiesa di allora –, il respiro affannoso, il calamaio sulle ginocchia, una lettera in mano scritta con un alfabeto incomprensibile». Il misterioso testo, per i documenti ufficiale con cui la suora venne riconosciuta venerabile, è l’esito «della lotta contro innumerabili spiriti maligni decisi a utilizzare suor Maria Crocifissa come un misero corsiero» per un messaggio di Lucifero.
«Abbiamo impiegato quattro mesi per decifrarla – racconta Daniele Abate, direttore del Ludum science center di Catania –, grazie a un software scaricato dal deep web che viene utilizzato dall’intelligence turca per decrittare i messaggi segreti dell’Isis. Dopo aver tracciato un profilo psicologico della suora, abbiamo inserito nell’algortimo l’alfabeto latino, il greco antico, l’arabo, l’alfabeto runico e quello degli yazidi: il senso che emerge dal codice misterioso è ‘Dio non esiste, la trinità è un falso, ci sono solo io’». Un dato su cui scienziati (il team catanese è composto da fisici, biologici e una psicologa) e religiosi (il verbale stilato dall’abbadessa Maria Serafica) convergono è la parola ‘ohimè’ della lettera: i diavoli volevano costringere la suora a firmare la lettera, dopo la dettatura, ma lei si è opposta scrivendo l’unico fonema comprensibile, che dimostra il suo terrore.
«Crediamo che la vita da nobildonna in clausura le causasse molto stress psicofisico e questa lettera sia frutto di un disturbo bipolare – prosegue Abate –, ma siamo rimasti sorpresi di aver trovato un senso logico complessivo nonostante il 30% del documento sia rimasto incomprensibile».
Per coloro che volessero fare degli approfondimenti sulla vita della suora, consiglio la lettura del testo Isabella Tomasi di Calogero Gallerano (edizioni Centro Culturale Pirandello, Agrigento, 1986).