Il divieto di aborto a Malta e la disperazione delle donne che decidono di abortire. L’emergenza Covid-19 ha portato alla ribalta la penosa situazione di quello che è da anni ormai l’unico paese in Europa dove l’aborto è ancora un crimine.
Le chiusure delle frontiere a causa dell’emergenza sanitaria mondiale, tuttora in corso, hanno messo in una condizione davvero critica le donne maltesi in cerca di interruzioni volontarie sicure ed hanno fatto emergere la problematica di coloro che non possono permettersi un viaggio all’estero per abortire.
La vicissitudine di Marina ci immerge in questo spinoso problema.
La ginecologa che disse a Marina che era ancora incinta pensò che le stesse dando una buona notizia. La redarguì per non aver iniziato le sue vitamine prima e la lasciò andare a casa. Ma Marina, un nome fittizio usato per non rilevare quello vero, era affranta. Sei giorni prima, aveva tentato di interrompere la gravidanza con pillole per l’aborto ordinate online. Ma aveva avuto una terribile nausea mattutina durante la gravidanza e aveva vomitato dopo aver preso la prima delle due pillole. Era preoccupata che il farmaco non avesse avuto il tempo di lavorare prima di vomitare. Dopo aver preso la seconda pillola e aver sanguinato per alcuni giorni, è andata in ospedale per capire se le pillole avessero fatto effetto.

Marina non poteva dire alla ginecologa delle pillole. L’aborto è illegale a Malta, l’unico paese dell’UE che ha un divieto totale sulla procedura senza eccezioni per stupro, incesto, anomalie fetali o salute della madre. È anche un enorme tabù in questa isola fervidamente cattolica. Così Marisa dopo aver sentito i consigli sulla gravidanza della ginecologa tornata a casa prenotò un volo per il Regno Unito.
A metà febbraio, Marina è volata a Londra per abortire chirurgicamente. Le pillole erano costate € 100. Complessivamente, il viaggio è costato € 1.500, l’equivalente di un suo mese di stipendio, ma ha diviso la spesa con il suo ragazzo.
Un mese dopo, il viaggio di Marina sarebbe stato quasi impossibile. L’11 marzo Malta ha ufficialmente chiuso i suoi confini nell’ambito del blocco del coronavirus, chiudendo in effetti anche qualsiasi via legale per l’aborto. Attualmente, ordinare pillole online è l’unico modo per interrompere una gravidanza sull’isola ed è un reato.
L’Abortion Support Network, un’organizzazione benefica che aiuta le persone a viaggiare da Malta, Gibilterra e Polonia per accedere agli aborti in paesi con leggi più liberali, ha visto un drammatico aumento delle chiamate alla sua hotline quando le frontiere sono state chiuse a marzo. Al momento, l’organizzazione benefica sta consigliando alle donne che si trovano sotto il limite di 12 settimane per un aborto medico di ordinare pillole per l’aborto online da Women on Web e Women Help Women, che distribuiscono i farmaci in tutto il mondo, di solito con una donazione.

Nonostante tutto un ridotto numero di donne sono riuscite a lasciare l’isola per un aborto durante la pandemia, ma la stragrande maggioranza sta optando per le pillole per l’aborto. Women Help Women riferisce che la richiesta di Malta è triplicata dall’inizio della pandemia.
La legge sull’aborto di Malta risale al periodo coloniale britannico. Ai sensi del codice penale, chiunque richieda o assista una interruzione può essere condannato a un massimo di tre anni di reclusione. Ma i procedimenti giudiziari sono rari.
“Questa pandemia ha consolidato quanto sia grave la situazione, quanto siano disperate le donne, quanto sia assolutamente brutto avere un divieto totale“, afferma la fondatrice della Women’s Rights Foundation. Inoltre evidenzia che il divieto di viaggio ha accentuato un problema esistente, in cui l’aborto legale è disponibile solo per coloro che possono permettersi un volo fuori dal paese. In questa maniera quasi tutte sanno adesso com’è essere una povera donna che vive in un paese con una cattiva legge sull’aborto. L’attivismo contro l’aborto sta muovendo i primi passi a Malta ed è stata organizzata la prima manifestazione di Malta contro il divieto di aborto a settembre l’anno scorso.
Marina non ha raccontato a nessuno, tranne al suo ragazzo, del suo aborto. “Qui, anche se dici la parola che sei d’accordo con l’aborto, ti guardano di traverso“.
Il sentimento anti-aborto scorre abbondante nelle linee sociali ed economiche maltesi. Dimostrando di essere un paese ancora attaccato a preconcetti religiosi piuttosto che etici. Ciò ha fortificato e molto il preconcetto anti-abortista. Ragione per la quale è difficile che qualcuna parli della propria esperienza di un aborto, data l’alta intolleranza verso questa pratica. E se ne parla, come il caso di Marina, non vuole che venga usato il suo vero nome, principalmente perché il rapporto familiare si incrinerebbe. “Se mio padre sapesse che ho avuto un aborto … sono sicura che mi rinnegherebbe” confessa senza mezzi termini Marina.

Ma l’umore pubblico sta gradualmente cambiando e taluni esponenti politici dell’isola mediterranea si sono anche esposti facendo intendere che è “inevitabile” che l’aborto alla fine verrà legalizzato. Sicuramente non nel breve periodo. Prima bisognerà scardinare il preconcetto di una buona parte della nazione e dei primi funzionari di essa. Ad esempio, il presidente George Vella, ex medico, si oppone con veemenza alla legalizzazione dell’aborto.

Malta dovrebbe riaprire i suoi confini il 1 ° luglio. Ma l’accesso all’aborto all’estero non sarà improvvisamente facile. Attualmente, l’elenco della quindicina di paesi in cui sarà consentito il viaggio non comprende le principali destinazioni per gli aborti: Regno Unito, Paesi Bassi, Spagna e Belgio.
(foto e immagini web)